Viaggio in montagna

Viaggio in montagna

La mia città era a sedici chilometri dal mare. Io e i compagni di classe ci andavamo in bicicletta durante le quattro stagioni e tornavamo sempre con bei ricordi.

Un giorno d’inverno, quando faceva freddo come nel Polo sud, tutta la classe decise di conquistare la cima della montagna più alta che si trovava vicino al mare: eravamo, nell’età dell’adolescenza, impulsivi, avventurosi e cocciuti. Tirava un vento forte che sibilava misteriosamente tra i boschetti sotto un cielo grigio che non sapevamo se sarebbe crollato all’improvviso: le nuvole muovevano incessantemente come un gigante con grande ira. Ma ciò ci entusiasmava di più: ecco una sfida che funzionava in modo appropriato! Cominciammo allo stesso momento a salire sulla montagna con il solo desiderio di raggiungere la cima.

Il passo della montagna non era molto inclinato né roccioso; era infatti composta da grosse pietre poliedriche ambrate che s’intrecciavano l’una sull’altra; non si spargevano ma si univano in una complessione robusta, come quelle che formavano le Piramidi in Egitto. Erano coperte da diversi tipi di piante: sotto i piedi ed attorno ai ginocchi si trovano quelle erbacee i cui nomi non si sapevano. Si vedevano pochi fiori selvatici: i petali non volevano né potevano mostrarsi nell’aria così severa; se fossero sbocciati per aver creduto di vincere la freddezza, sarebbero stati lacerati dal vento violento. A stare molto stabili e sprezzanti del pericolo erano i pini con il tronco vigoroso affondato nel terreno. I pinoli e i fogli secchi che sparsero sulla terra erano vestiti di un colore triste con un profumo grottesco ma armonioso che emanava leggermente. Nessun verso degli animali ci venne alle orecchie; anche essi avevano trovato un luogo più sicuro per fuggire dall’inverno.

Chiacchierammo e ci aiutammo a vicenda a salire nonostante il silenzio glaciale della natura. Ogni tanto i ragazzi strinsero le mani delle ragazze per sollevarle su. Il movimento ci riscaldava e le risa ci facevano dimenticare la stanchezza. Sarebbe stata un’ora dal momento in cui partiremmo dai piedi della montagna quando qualcuno propose che ci fermassimo per uno spuntino: forse il suo stomaco era stato provocato dalla storiella dei dinosauri carnivori che Buffone, l’amico più spiritoso della classe, aveva appena inventato. Era una proposta opportuna: nessuno voleva rifiutare! Scegliemmo un pietra grande e piana, ci fermammo e ci sedemmo, scaricando gli zaini in terra e tirammo fuori panini, la frutta, l’acqua minerale mettendo tutto su una tovaglia variopinta. Ad un tratto Kitty grido’: “Dov’e’ Broncio?” Tutti guardarono intorno con preoccupazione. Era un ragazzo molto sensibile che si distraeva perfino quando studiava. Gridammo in coro ad alta voce più volte: “Broncio, dove sei?” ma ci rispose solo il vento e le onde da lontano. Decidemmo allora di dividerci in gruppi per cercarlo e tornare al posto dove stavamo dopo trenta minuti al massimo.

Io e tre amici scendemmo giù a sinistra. Ci sembrava più difficile a tornare dietro: non sapevamo che fosse naturalmente così o la preoccupazione ci ostacolava. Ci chiedemmo perché e quando si era allontanato da noi senza poter chiarire il problema. Il cielo continuò ad agitarsi. La nostra preoccupazione divenne poco a poco una paura: “E’ caduto per terra?”, “È stato catturato da un animale feroce?”, “Un mostro l’ha mangiato?”… (Erano le domande che ogni volta, dopo quel viaggio, ripetendole ridevamo a crepapelle: che innocenti che eravamo!)

Dopo una decina di minuti, sentimmo qualche voce di gioia da lontano: “Amici, venite qui!”. Eravamo molto contenti e risalimmo su, credendo che gli altri amici avessero trovato Broncio. Quando quasi tutti noi ci riunimmo, Asta ci disse: “L’abbiamo trovato. Seguitemi!” e ci accompagnò ad un altro luogo. Dovevamo continuare a salire su’, scendere giù,… sulle pietre scabrose girando un po’ a destra della montagna. Alla fine raggiungemmo alla piccola gola di una grotta. Ci entrammo con un po’ di difficoltà ma ci sentivamo ansiosi come in una vera avventura. Prima la trovavamo oscura ma dopo alcuni passi vedemmo la luce del giorno. Ecco Broncio e qualche amico li’, raggruppando attorno qualcosa. Senza rimproverare Broncio, avvicinammo a quegli amici: stavano guardando un fiore rosso e fresco come le labbra della principessa Bianca Neve! Spuntato’ da un cactus spinoso! Esclamai: “Che meraviglia!” e lo contemplai insieme agli amici. Scimmia alzo’ la testa guardando lontano e gridò di gioia: “Guardate!” Ci orientammo la vista verso la sua indicazione: laggiù c’era una barca a vele gonfie all’orizzonte, lassù una mano invisibile scoprì il velo di nubi, facendo apparire il primo raggio del sole! Il gigante non si arrabbiò più ma sorrise mostrando pian piano lo sfondo celeste del cielo. Ci fermammo lì cantando belle canzoni nella luce solare con grande piacere ed entusiasmo, poi andammo a visitare e scoprire la grotta nel buio con curiosità e stupore.

Tornammo ai piedi della montagna nel tramonto d’oro, quando il sole rosso stava per immergersi nel mare. Ci accorgemmo che avevamo dimenticato lo scopo principale del viaggio solo dopo aver preso le biciclette per tornare alla città.

[Classe di scrittura – Professoressa Graziella Costa]